Un po’ di storia

Le origini

La pallavolo ha origini americane e conta poco più di un secolo di vita. A Udine si è imposta in alcune scuole nell’immediato dopoguerra, ma c’è chi ne attesta la pratica in anni anteriori:
“Ricordo che da ragazzino negli anni ‘58- ‘59, passando in via Dante, in uno spiazzo vicino alle scuole elementari l’insegnante di educazione fisica del Malignai tirava una corda tra due alberi e la classe si divideva in due squadre che si lanciavano con la spinta delle mani un pallone di cuoio gonfiato ad aria” (Sergio Della Longa, intervista del 20. 1.1998).

Nel ‘46 il professor Bruno Barattini del liceo Stellini promuove i primi tornei, tornei in un primo tempo solo interni e successivamente trasformati in campionati studenteschi, disputati ogni anno tra i diversi istituti della città:
“L’insegnante di educazione fisica professor Bruno Barattini sempre alla ricerca di collaboratori disposti ad affiancarlo nelle sue iniziative, frutto di una fertile fantasia, mi affidò il compito di organizzare un torneo di un gioco di squadra che, nato negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento, era stato poi diffuso in Europa… la pallavolo. Al torneo, che organizzai con impegno e che ebbe un notevole successo, parteciparono squadre miste del liceo. Personalmente, come atleta e capitano dello Stellini, partecipai anche ai tornei studenteschi… Il ‘48 fu l’anno in cui con Mario Morassi avversario dell’istituto tecnico Malignai fondai la sezione pallavolo dell’USUP” (Antonio Travaglini, intervista del 26.1.1998).

Con l’azione propulsiva delle scuole la pallavolo raggiunge i ricreatori delle parrocchie, che danno vita alle prime squadre, partecipando ai tornei organizzati dal Centro Sportivo Italiano:
Il mio primo contatto con la pallavolo risale a quando ero ancora ragazzino: nel cortile dietro la chiesa del Carmine in via Aquileia, delimitato da mattoni interrati e diviso da una rete scalcinata, con diversi buchi ben più grandi di quelli previsti dalla trama, c’era il campo, il nostro posto di ritrovo, di allenamento, di partite e, a volte, ai tornei. Lì ho fatto i miei primi passi” (Anilo Puccio, intervista del 23.1.1998).

Raggiunge anche le società sportive e in breve decollano le prime squadre che aderiscono al regolare campionato della Federazione Italiana Pallavolo:
“Mi ricordo che da bambino, a nove anni, andavo a vedere le partite di palla volo della Lega Nazionale di Udine dove gioca va il mio fratello maggiore Nereo” (Anilo Puccio, intervista del 26.1.1998).

N ell’area triestina, occupata dalle forze anglo-americane, la pallavolo conosce un grande successo, mentre a Udine l’esperienza dell’Unione Sportiva si esaurisce rapidamente, nel ‘50, dando luogo a un vuoto colmato solo in parte dalle iniziative amatoriali che fanno ancora perno sulle parrocchie:

“Fu un’estate folle: a caccia di detriti e di sabbia, un fiasco di vino all’autista dell’auto pompa perché ci bagnasse il fondo e potessimo tirare il rullo di metallo pieno d’acqua che ci aveva prestato Feruglio dello stadio Moretti. Tutte le nostre energie venivano spese per il campo, e anche il mio primo stipendio se ne andò totalmente per comperare due pali di legno su cui montare i fari per gli allenamenti e le partite notturne. Tornei e partite in casa, nel nostro campo di cui andavamo tanto orgogliosi, e in trasferta – logicamente in bicicletta – a Tricesimo, a Tarcento, a Remanzacco, a Sedegliano” (Anilo Puccio, intervista del 23.1.1998)

In un campo ricavato nello spiazzo adiacente all’attuale chiesa di San Giuseppe in viale Venezia, nei pressi dell’abitazione di Mario Morassi, rinasce nel ‘54 la squadra dei Mario, Antonio, Nedo e Anilo, che quattro anni dopo fonderanno una vera società sportiva: la Pav Udine.

I primi anni

La Pav si costituisce formalmente il 18 marzo 1958, iscrivendosi alla Federazione Italiana, che ha sede periferica a Trieste: prima società della provincia, dodicesima della regione. Gianfranco Braidotti, Alberto Virgilio e Alberto Mario Morassi e Nedo Puccio i promotori, cui si deve anche la sigla Pav, a raccogliere in cifra “Palla a volo”. Tra i soci anche Anilo Puccio e Antonio Travaglini:
“Nel ‘58 Mario Morassi mi cercò e mi propose di ripetere l’esperienza di dieci anni prima … fondammo quindi Mario, io ed altri amici la Pav” (Antonio Travaglini, intervista del 26.1.1998)

Altri giocatori, provenienti dai terreni amatoriali delle parrocchie, danno man forte alla nuova squadra: Fernando Paronetto, Giorgio Curatolo, Bruno Morettuzzo, Fabio Paladini e Mario Braidot.
“Allora, per giocare, bisogna comprare i pantaloncini, le scarpe e si contribuiva per l’acquisto della rete e del pallone, quando serviva sostituirli” (Mario Braidot, intervista del 20.01.1998)

La Pav, dopo un anno di rodaggio, partecipa al campionato di promozione. Le partite iniziano in primavera perché si gioca all’aperto, prima in via Pradamano, poi nel mitico “piccolo stadio” di Largo Ospedale Vecchio, a lungo teatro di scontri accesi. L’impatto con la pallavolo triestina e isontina è traumatico e per qualche tempo la Pav è condannata al ruolo di fanalino di coda. Ma il bilancio nella memoria resta comunque luminoso:
“Furono anni molto belli perché avevamo legato lo sport all’amicizia con spirito combattivo ed agonistico. Questo gioco collettivo, preciso nelle sue regole, contribuiva ad unirci anche nella vita privata” (Alberto Virqilio, intervista del 26.01.1998)

Nel ‘59 fanno il loro ingresso figure di rilievo come Giorgio Aliprandi, Alberto Virgilio, Alberto Arrigoni e altri atleti che si impegnano nei primi campionati:
“Nel ‘59 entrai alla Pav su indicazione di Alberto Virqilo, vicino di casa con il quale già da tempo si giocava a pallavolo in via Somma, dapprima in un terreno abbandonato e poi davanti casa sua: il campo era per metà lo spiazzo di casa e per l’altra metà un, marciapiede e la strada” (Giorgio Aliprandi, intervista del 5.2.1998)

Dopo i tre anni di presidenza Morassi, la personalità di Travaglini prevale sulla modestia del primo, che preferisce il ruolo di segretario, oltre che di giocatore e poi di allenatore. Anche la sede si sposta nello studio di Travaglini, mentre le riunioni si svolgono in una sala di palazzo D’Aronco concessa dal comune.

“Per le trasferte venivano usate due auto. Mi ricordo in particolare la Fiat 1500 del padre di Travaglini che, in qualche circostanza, portava anche otto persone. Si andava a Trieste, Gorizia, Gradisca d’Isonzo, Cividale; la località pia vicina era Remanzacco. Un paio di volte abbiamo giocato anche a Mortegliano: sulla piazza centrale del paese chiudendo le strade al traffico” (Fernando Paronetto, intervista del 20.1.1998)

Con l’innesto dei primi giovani e l’esperienza maturata da Rinaldo Zamero nella Cividalese, nel ‘64, la Pav vince il suo primo campionato, allora di serie C1:
“Nel 1963-64 fu proprio in concomitanza con una partita che dovevamo disputare contro la  Pav che la squadra si ritirò dalle competizioni e la società cividalese chiuse i battenti. L’anno successivo passai alla Pav sino alla costituzione del settore femminile, di cui sono stato uno dei fautori oltre che il primo allenatore” (Rinaldo Zamero, intervista del 23.1.1998)

I cambiamenti

Per essere competitivi e accedere alle categorie superiori le forme dell’autofinanziamento non bastano più, perché le spese per le trasferte si fanno onerose. Di qui la decisione di ricorrere a uno sponsor e la ricerca di una azienda disposta a garantire il proprio sostegno finanziario:
“Solo nel ‘66 riuscimmo a ottenere un abbinamento, peraltro sofferto, con la Birra Dormisch. Dopo aver concordato con il responsabile della ditta, dottor Cardinali, i particolari del rapporto, compresa l’entità della cifra (500.000 lire), al momento della firma, con nostra grande sorpresa scoprimmo che il dottor Cardinali intendeva sponsorizzare una squadra femminile e non una maschile, per la quale non aveva alcun interesse. E, per non perdere l’occasione, ci impegnammo a costituire anche una sezione femminile” (Antonio Travaglini, intervista del 26.1.1998)

Nel ‘67 gli osservatori della Pav provvedono a reclutare alcune ragazze del Marinelli vittoriose dei campionati studenteschi. Anche gli allenamenti con Zamero hanno luogo nella palestra dell’istituto e, oltre al nucleo delle giovani, della squadra fanno parte alcune giocatrici esperte provenienti dalla Uspe Porzio.
Nel ‘68 si avviano le prime discussioni all’interno del consiglio per adeguare lo statuto:
“La società si era dotata di uno statuto contenente nuove ed avanzate regole di vita interna. La squadra femminile, che aveva adottato l’azzurro come propria divisa, era stata inserita nella serie C con la denominazione di Birra Dormisch” (Rinaldo Zamero, intervista del 23.1.1998)

Dopo i primi anni di attività agonistica del settore femminile, la Pav si troverà in seria difficoltà nel ‘72 quando, con la retrocessione in D della squadra maschile, si registrerà anche l’uscita dalla società di Antonio Travaglini e di un consistente numero di giocatori:
“Nel ‘72 uscii dalla Pav dopo le elezioni del nuovo consiglio, circostanza nella quale contestai ai miei amici la responsabilità di aver preparato volutamente la mia esclusione dai direttivo. Rimasi molto amareggiato … la mia amarezza fu però ammorbidita dal fatto che ben venticinque atleti fecero la spontanea scelta di uscire dalla Pav il giorno successivo alle elezioni… fu così che nacque una nuova società maschile: il Volley Ball Udine”(Antonio Travaglini, intervista del 26.1.1998)

La Pav ricorrerà a tutte le risorse e, pur di mantenere in vita anche il comparto maschile, metterà in campo molti giovani del vivaio udinese.

La vita sociale

Nel ‘72 è nominato presidente Anilo Puccio e la sede si trasferisce presso la trattoria Alla Concordia di piazza Primo Maggio, dove è sistemato anche il ciclostile ad alcool di seconda mano per la stampa del “Pavino”.
Sin dai suoi primi anni, grazie alla sensibilità dei dirigenti, la Pav, oltre a porsi come punto di riferimento per i giovani che si avvicinano alla pallavolo, instaura un rapporto con il territorio, collaborando in particolare con l’Associazione donatori di sangue. Molto attesa la festa dell’8 dicembre.
“Una società che si basava sul volontariato per far praticare ai giovani uno sport sano ed educativo come la pallavolo di allora. Il messaggio risultava chiaro anche dal giornalino ciclostilato e dalla festa dell’8 dicembre che, con le partite fra le diverse categorie, aveva in programma iniziative simpatiche come la tombola, la lotteria, il concorso di disegno per i bambini e quello delle torte per le mamme cuoche” (Simonetta Agostinelli, intervista 28.1.1998)

La festa celebra l’anniversario della società perché l’8 dicembre 1947, durante un torneo al Bertoni, Mario Morassi conosce Antonio Travaglini, dando inizio al percorso che porterà alla nascita della Pav. In occasione della festa del ‘72 viene distribuito ai partecipanti un opuscolo di dodici pagine intitolato Pav-Dormisch, stampato da una tipografia locale:
“Un lavoro modesto, finanziato da tutte le ragazze, molto apprezzato allora perché c’erano le foto di tutte le squadre della Pav, maschili e femminili. Per pubblicare la foto di Mario Morassi sono stata costretta a farlo a sua insaputa, rubandogliene una che conservo gelosamente come ricordo di questa grande persona” (Annamaria Dell’Oste, intervista del 10.2.1998)

I familiari degli atleti e i sostenitori sono molto legati alla Pav e contribuiscono generosamente alle necessità. In particolare, mettendo a disposizione gli automezzi per le trasferte:
“la società riuscì a mantenere le sue caratteristiche originarie, coinvolgendo i familiari dei ragazzi, con il volontariato dei dirigenti e degli appassionati. A proposito vorrei citare Arnaldo e Alberto Antontali e Federico Sponchia, che per diversi anni si sono prestati come accompagnatori della squadra femminile”.” (Rinaldo Lunero, intervista del 23.1.1998)

Un altro risvolto significativo della socialità sono i ritrovi nelle varie sedi amministrative: dalla trattoria Alla Concordia di piazza Primo Maggio a via Giovanni da Udine, da via Anton Lazzaro Moro a via Cussignacco.
“Il ricordo delle compagne della classe ‘58, della buona intesa con i dirigenti delle partite più accese, delle trasferte in auto, dei ritiri e dei ritrovi alla Concordia, mi fanno pensare ad un modo veramente genuino di intendere lo sport” (Marina Castellan, intervista 5.2.1998)

La Pav dunque, attraverso tutta una serie di rapporti e di attività, riesce a saldare la pratica dello sport con un concetto più ampio di educazione, facendosi carico di una funzione squisitamente sociale.

Successi e amarezze

La squadra maschile conosce un periodo di ovvia e prevedibile difficoltà e di incertezze, ma la fusione con l’Aurora di Remanzacco e l’ingresso di alcuni giovani consentono di ricucire almeno in parte il settore.
“Mi resi conto che la società aveva subito un grosso trauma con l’uscita dell’ex presidente Travaglini e di un consistente gruppo di giocatori. Si trattava pertanto di ricostruire il settore, cosa non facile in poco tempo” (Francesco Piani, intervista del 16.2.1998)

Nel ‘74 il nuovo sponsor Despar, magliette bianche, porta fortuna alla squadra femminile, che manca la promozione solo nello spareggio finale. E anche negli anni successivi, fino al ‘79, la conclusione dei campionati troverà la squadra regolarmente ai primi posti.
“Erano gli anni in cui la società prestava maggiore attenzione alla prima squadra femminile per i buoni risultati che stava ottenendo, mentre la maschile stentava, anche per gli abbandoni dovuti a motivi di studio” (Marco Donato, intervista del 9.2.1998)

Nei ‘78 Udine ospita i campionati mondiali di pallavolo con la Pav tra gli organizzatori della fase eliminatoria. Il passaggio della presidenza a Mario Zanasi coinciderà con il nuovo sponsor Molino delle Streghe e nell’80 si realizzerà finalmente la promozione della squadra femminile in C1:
“Furono momenti bellissimi che ci diedero una gran carica anche durante il campionato successivo del 1980- ‘81, portandoci alla promozione in serie B2” (Mariangela Peloi, intervista del 28.1.1998)

Nell’81 dunque la squadra femminile, ora Nuove Ceramiche, raggiunge la serie B. Il merito del traguardo è certo dell’intera società, ma in particolare degli allenatori Paolo Pellizzer e Nedo Puccio, che costruiscono con pazienza il gruppo vincente in lunghi anni di lavoro.
“E stata un ‘esperienza entusiasmante dove l’impegno degli allenamenti si contrapponeva ai momenti felici delle vittorie e al gusto di sentirsi protagoniste di risultati che davano lustro a una società modesta com’era la Pav” (Simonetta Agostinelli, intervista 28.1.1998)

Ma un caloroso riconoscimento va proprio alle ragazze, capaci di raccogliere successi anno dopo anno:
“La maggior parte erano coetanee della classe 1958, per cui avevamo iniziato a giocare assieme e assieme avevamo fatto un percorso che ci aveva unite molto anche fuori dai campo. Poi nella squadra eravamo in un certo senso trascinate dalle altre più anziane che per me erano punti di riferimento importati” (Patrizia Martinello, intervista del 28.1.1998)

Nell’82, dopo un deludente ultimo posto nella serie D regionale, i dirigenti decidono la chiusura del settore maschile.
“Era un brutto periodo, perché si perdeva quasi sempre. Perdemmo anche a Tarvisio, un giorno d’inverno con la neve, quando eravamo in vantaggio per 2 a 0 e poi la partita andò a finire 3 a 2 per i nostri avversari” (Claudio Tarvis, intervista del 10.2.1998)

 Si archivia così una pagina che alla gioia del successo femminile affianca l’amarezza dei giocatori maschi, costretti a proseguire altrove l’attività agonistica. Nell’82 si erano creati però dei dissapori all’interno della società: l’allenatore Pellizzer aveva abbandonato dopo pochi mesi e qualche infortunio aveva aggravato la situazione.
Anilo Puccio è chiamato alla carica di presidente, resasi vacante con la rinuncia di Zanasi. Ma non mancano le defezioni:
“Sono uscita dalla Pav nell’81 dopo la promozione in serie B, perché avevo una mentalità un po’ all’antica e non mi piace vano alcune forme adottate dall’allenatore, con tutto ti rispetto per la sua preparazione” (Annamaria Dell’Oste, intervista del 10.2.1998)

Il numero dei tifosi e appassionati che seguono la squadra aumenta però anche in trasferta quando viene organizzato il pullman. Le partite in casa si svolgono al palazzetto dello sport Benedetti di via Marangoni alla presenza quasi costante di un centinaio di persone.
“Ricordo gli allenamenti in Largo Ospedale Vecchio e le partite in via Marangoni, le emozioni dei primi incontri gli incitamenti dei nostri tifosi che mi davano carica” (Fulvia Francavilla, intervista del 9.2.1998)

I disagi dovuti alle lontane trasferte nel Veneto contribuiscono ad avviare una sequenza di risultati negativi della Nuove Ceramiche, che portano a due consecutive retrocessioni fino in serie C2.
“Per una stagione, 1983-84, ho fatto anche il presidente ma, se non ricordo male, quell’anno c’era… aria di baruffa ed era necessaria una pausa di riflessione” (Giorgio Aliprandi, intervista del 5.2.1998)

L’esperienza e la capacità di Nedo Puccio, che riprende in mano la squadra al rientro dalla malattia, non bastano a tamponare le falle e le sue dimissioni coincideranno con la nomina a presidente di Benito Martinello e ad allenatore di Massimo Pocar.
“Ho ricoperto la carica di presidente solo per un anno, dall’84 all’85 perché anche per gli impegni di lavoro, ho preferito collaborare con Armanda Rattin Cirio che ritenevo più adatta a svolgere questo compito così importante” (Armanda Rattin, intervista del 5.2.98)
Con i vertici rinnovati cambia anche lo sponsor: Ideal Mode per la prima squadra e Ideal Cose per il settore giovanile.

La Pav donna

Il 1986 registra l’elezione a presidente di Armanda Rattin, che si dimostrerà capace di gestire la società con equilibrio e saggezza, creando le premesse per un rilancio nelle serie superiori:
“Nell’85 ho accettato la nomina alla massima carica perché il gruppo dirigente era molto affiatato e si lavorava in maniera collegiale: quando c’erano delle divergenze, con il dialogo sereno si mediavano le soluzioni necessarie” (Armanda Rattin, intervista del 5.2.98)

Nell’87 si ha l’ingresso nel consiglio direttivo del nuovo direttore sportivo Giuseppe Longhitano e di Simonetta Agostinelli, ex giocatrice, allenatrice del settore giovanile e poi anche della prima squadra, ora in C1:
“Il massimo della femminilità si riscontrerà dal 1987 al ‘92 con Simonetta Agostinelli allenatrice della prima squadra” (Armanda Rattin, intervista del 5.2.98)

Anche lo sponsor nel frattempo cambia: il campionato 1987-’88 presenta le magliette bianche del Green Club Riviera, che diventano nere l’anno dopo, anno veramente “nero” per difficoltà economiche e altri intoppi:
“Tutti i dirigenti si erano mobilitati alla ricerca di un nuovo sponsor. Un giorno, presso l’edicola di casa, incontro Bruno Faidutti direttore della Cogeturist, un’azienda che operava nel campo della ristorazione” (Giuseppe Longhitano, intervista del 20.2.1998) 

Questo incontro nell’89 avvia una nuova collaborazione, che vedrà le maglie gialle della prima squadra portare il marchio di un moderno ristorante udinese, Zenit, mentre la Cogeturist apparirà sulla divisa in dotazione al settore giovanile, e Faidutti diventerà presidente onorario:
“L’ambiente mi coinvolse e mi appassionò, ma mi disturbava che la Pav, che aveva dietro di sé una grande storia, non riuscisse a distinguersi dalla miriade di società che nascevano in città e nei paesi limitrofi” (Bruno Faidutti, intervista del 10.2.98)

Gli effetti positivi di questi cambiamenti non tardano ad arrivare con la conquista ai play off della serie superiore dopo un campionato difficile e combattuto:
 “Nel ‘90 con le maglie Zenit abbiamo conquistato di nuovo, dopo tanti anni la promozione in B ma sono stata costretta a lasciare per un anno l’impegno di allenatrice a causa della mia seconda gravidanza” (Simonetta Agostinelli, intervista 28.1.1998)

Memorabile, nella storia della Pav, il 1990-91, quando l’Agostinelli è richiamata ad allenare la squadra a campionato iniziato, riuscendo a garantire la permanenza in B con una partita di spareggio a Portoferraio nell’isola d’Elba.
“Ricorderò sempre quel periodo in cui mi sono prestata anche a fare la baby-sitter durante le partite, accudendo negli spogliatoi il figlio di pochi mesi dell’allenatrice” (Fulvia Francavilla, intervista del 9.2.1998)

Ma nel ’92, con la retrocessione, matura la rinuncia alla presidenza di Armanda Rattin. Le nuove caratteristiche di questo sport, peraltro, esigono un elevato grado di professionalità anche nei metodi di gestione, che sollecitano la società a ripensare la propria organizzazione.

Il rilancio

La Pav ha sempre riservato cura particolare al settore giovanile, allestendo diverse formazioni under 15 e under 16: un vivaio destinato ad alimentare col tempo la prima squadra. Alcune ex atlete frequentano il corso allenatori e restano con la Pav per seguire le giovanili.
 “Dopo la pausa dell’attività agonistica, completati gli studi universitari ho deciso di tornare nel mondo della pallavolo frequentando nel ‘91 un corso per allenatori. Da allora mi sono dedicata al vivaio della Pav, riservando volontariamente un paio d’ore alla settimana alla formazione di due gruppi di bambine: i più piccoli dai 7 ai 12 anni e gli under 14 in fase preagonistica” (Fulvia Francavilla, intervista del 9.2.1998)

I più piccoli sono addestrati nelle cose più elementari, palleggi e lanci. I più grandi accedono a una fase di selezione e i più dotati sono poi inseriti nella categoria superiore, che consente di partecipare a tornei e manifestazioni.

“Ma un altro aspetto di rilievo è il rapporto con i genitori dei bambini che può però diventare difficile quando i genitori conoscono la pallavolo e seguono assiduamente i propri figli” (Fulvia Francavilla, intervista del 9.2.1998)

Per il mondo sportivo attuale comunque, certo costretto a investire nell’ambito giovanile, ma sempre più bisognoso di disponibilità economiche, non bastano la generosità individuale e il volontariato. Serve ben altro.
 “Ritenevo che la Pav meritasse ben altra collocazione e avevo comunicato dai dirigenti questa mia convinzione che avrebbe dovuto comportare anche ulteriori disponibilità finanziarie” (Bruno Faidutti, intervista del 10.2.1998)

E sono proprio i risvolti finanziari a suggerire nel ‘92 un progetto di fusione tra alcune società dell’udinese legato al sostegno economico della Cogeturist. Un’ipotesi senza seguito. La Pav, con il nuovo presidente Giuseppe Longhitano, riesce peraltro ad attuare un piano di collaborazione con l’U.S. Pav Martignacco:
“Di qui partì un piano di rilancio che si concretizzò con il rafforzamento della squadra satellite e il miglioramento della struttura tecnica della Pav da cui scaturì la promozione in B2 e l’anno successivo in B1” (Giuseppe Longhitano, intervista del 20.2.1998)

 L’accorpamento con la Camst intanto garantisce alla Cogeturist dimensioni interregionali e Bruno Faidutti, direttore della nuova unità aziendale, sarà eletto presidente della Pav. La società può ora contare, oltre che su atlete di grosso calibro, anche su un valido gruppo di tecnici: Marco Peressini, Loris Pittolo e Duilio Bunello, che diventerà direttore sportivo. Anche gli allenatori, Maria Savonitto prima e poi Edi Liani, saranno determinanti per la promozione in B1 dopo un campionato 1993-’94 vinto alla grande con 25 vittorie in 26 partite. Ma nel ‘95, nonostante i buoni piazzamenti, si riacutizzano i problemi finanziari e con essi le tensioni:
“Non condividendo alcuni metodi di gestione, che a mio avviso avevano creato serie difficoltà finanziarie, ho deciso di fare un’altra esperienza andando a seguire, sempre in veste di dirigente Pav, la squadra del Kennedy di Cavalicco, grazie a un accordo di collaborazione tra la Pav e il Kennedy del ‘95″ (Giuseppe Longhitano, intervista del 20.2.1998)

 I risultati sono raggiunti, ma lo sponsor ha difficoltà a ripianare i costi. E lo stesso ambiente, sotto pressione, sta cambiando:
“Si stavano perdendo quei valori che avevano dato lunga vita alla Pav, forse perché ci eravamo fissati obiettivi più grandi di noi” (Bruno Faidutti, intervista del 10.2.1998)

L’assemblea del ‘95 rinnova il consiglio direttivo, nominando presidente Nevio Lanzutti che si impegna in un piano di risanamento contando sui sostegno di alcuni operatori locali:
“L’estate del 96 è veramente calda e amara. Con la morte nel cuore, ma con la ragione ben salda, decidiamo giocoforza d i auto-ridimensionarci, rinunciando volontariamente alla B1 per riprendere dalla B2″ (Duilio Bunello, intervista del 20.2.1998)

Le insufficienti risorse finanziane costringono alla strada della retrocessione volontaria per ritrovare la vera Pav, quella “storica”, che ha saputo costruire, in quarant’anni, l’ambiente sereno e familiare che le testimonianze dei suoi protagonisti documentano. L’auspicio è che il nuovo gruppo rilanci quella Pav, che è stata in grado di avvicinare un migliaio di giovani dando loro un’educazione sana di esercizio fisico e di impegno sociale, di passione e di svago.